Gli otto rami del Raja Yoga

ll primo testo che parla dello Yoga fu scritto dal Saggio Patanjali a un certo punto della storia fra il 500 A.C. e il 300 D.C. Il testo si chiama Yoga Sutras, e in questo, lo Yoga è definito come
“chitta-vrtti-nirohdah” che letteralmente significa: “Lo Yoga è l’annulamento delle fluttuazioni della mente”, e attraverso questo raggiunto silenzio, l’uomo scopre il suo vero Sé.


Fermare le fluttuazioni della mente, o prendere il controllo della mente non è un obiettivo facile perché la mente sembra qualcosa di irraggiungibile, con la pratica dello Yoga, usando corpo e respiro, inizia un viaggio da un posto conosciuto verso lo sconosciuto per raggiungere la consapevolezza di sé stessi.

Lo Yoga è tradizionalmente diviso in otto aspetti o rami:

1)Yama – o astensioni sono divisi in cinque princìpi morali mirati alla distruzione della nostra natura inferiore. Dovrebbero essere tutti praticati restando fedeli al loro spirito. Andrebbero praticati tutti in pensieri, parole ed opere.
-Ahimsa o non violenza
-Satyam o sincerità
-Brahmacharya o moderazione in ogni cosa (controllo dei sensi)
-Asteya o non rubare
-Aparigraha o non bramare (nel senso di essere controllato dal desiderio)

2)Niyama – o prescrizioni sono a loro volta divisi in cinque punti e completano i precetti etici iniziati con gli Yama. Queste qualità sono:
-Saucha o purezza, sia interna che esterna.
-Santosha o appagamento.
-Tapas o la forza del fuoco,austerità.
-Swadhyaya o studio dei testi sacri.
-Ishwara Pranidhana che è il vivere costantemente con la
consapevolezza della presenza divina

3)Asana – sono le posizioni Yoga.
Le asana vengono descritte come stabili (sthira) e comode (sukham). Per ottenerne la padronanza e la perfezione, è necessario uno sforzo continuo prolungato. Il corpo e la mente si muovono in armonia e si assimilano con l’infinito. Tutti i dualismi della mente cessano di esistere.

4)Pranayama – è l’arte della respirazione Yoga. Consiste nella regolazione e nel raffinamento dell’inspirazione, dell’espirazione e dell’apnea. Imparare a controllare e incanalare il respiro vitale induce un’attitudine introspettiva e apre le porte della conoscenza spirituale

5)Pratyahara – è il ritiro dei sensi dal mondo esterno nel sé interiore. Le distrazioni esterne non riescono a superare la soglia del mondo interiore. Dharana: è uno stato di concentrazione ininterrotta, in cui la mente è focalizzata costantemente su un punto o un oggetto particolare. Per raggiungere questo stato, è necessaria una pratica costante.

6)Dharana – è la concentrazione. Gli ultimi tre gradini costituiscono la pratica interna del Raja Yoga. Una volta acquisita Dharana, essa conduce al gradino seguente.

7)Dhyana – è la meditazione.
La durata della concentrazione aumenta finché la mente giunge a fondersi con il suo oggetto e lo contempla incessantemente. Soggetto e oggetto diventano un tutt’uno.

8)Samadhi – è uno stato trascendente oltre la meditazione. I processi psicologici si arrestano e la coscienza è completamente assorbita nell’anima. È lo stato della verità e della beatitudine.
Samadhi è il culmine della pratica Yoga, e lo si raggiunge di rado. È suddiviso in diversi livelli di evoluzione spirituale, collegati ad ambiti via via più elevati. Il massimo livello è definito “Samadhi” senza seme”: nella mente non sono più tracce delle azioni ne desideri; questo stato è definito anche kaivalya, ovvero l’isolamento dell’anima dalla materia,il vero sé si rivela nella sua splendente purezza.

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